Data e luogo di nascita | 27 gennaio 1925 – Croce-Fontaneto d'Agogna |
Data ordinazione sacerdotale | 26 giugno 1949 da Mons Leone Ossola |
Primo paese di missione | Burundi |
Data di entrata nella missione | 17/10/67 |
Attualmente missionario in | Burundi |
Dal | 17/10/67 |
Da 20 agosto 1949 al 17 gennaio 1957 sono stato coadiutore a Suno; dal 17 gennaio 1957 al 20 agosto 1965 a S. Cristina.
Per poter partire per le missioni africane, resto in libertà fino al 1 marzo 1966, data in cui il vescovo mi manda coadiutore ad Arona. Continuo ad insistere per poter partire e finalmente il 16 agosto 1967 arriva il consenso del vescovo mons. Placido Maria Cambiaghi. Lascio Arona il 13 settembre 1967 e il 17 ottobre parto per il Burundi.
Trascorro 15 mesi a Mivo, diocesi di Ngozi, dove è parroco don Giuseppe Minghetti di Vercelli. Apprendo un poco la lingua kirundi e i metodi pastorali. Il 1 febbraio 1969 mi sposto nella succursale di Rwarangabo, con l’intenzione di fondare una parrocchia.
Arriva, il 24 settembre, il cugino don Giancarlo e si fa vita comune per 7 anni. Successivamente don Giancarlo viene mandato a Murehe; e resto per lunghi periodo da solo. La parrocchia di Rwarangabo nel giro di 4-5 anni ha tutte le strutture necessarie, anche a livello scolastico, con decine di aule. Viene costruita anche la casa per le suore Mariste, che arrivano il 5 maggio 1993. Si pensa poi a costruire il dispensario, il centro di educazione sanitaria per le mamme ed il foyer social per i giovani. Nella zona arriva la corrente elettrica e si costruisce un acquedotto di 11 km con 7 grosse cisterne lungo il percorso.
Dopo un periodo di riposo a casa in seguito all’attentato del 6 luglio 2000, ritorno in Burundi il 1 gennaio 2001. dal Vescovo sono mandato come coadiutore a Murehe e nell’estate 2005 sostituisco don Ciampanelli a Nyamulenza. Il 12 settembre 2005 sono a Kiremba per il ministero nelle succursali e come cappellano dell’ospedale.
A tutt’oggi sono a Kiremba.
dal Corriere della Sera
I funerali giovedì 30 gennaio a Fontaneto d’Agogna
NOVARA – Si è spento nella notte del 28 gennaio alla Clinica “I Cedri” di Fara, don Carlo Masseroni, decano dei Fidei Donum e Patriarca delle Missioni Novaresi.
8 ottobre 2013
Scriveva don Carlo dopo aver annunciato le sue precarie condizioni di salute:
“Miei cari amici,
ho mille motivi per ringraziare la Provvidenza. Dio è grande e ci vuole bene. Non voglio fare bilanci della mia vita, dei miei 88 anni, 42 trascorsi in diocesi di Novara e 46 in diocesi di Ngozi in Burundi. I bilanci li farà il Signore quando ne sarà il momento. Lui sa tutto e sa premiare o punire. Ma Papa Francesco continua a dirci che Dio è infinita Misericordia e quindi niente paura. L’ora del “ritorno a Dio” giunge per tutti ed io sono contento che Lui mi ha mandato un preavviso, che mi consente una preparazione adeguata. Spesso ci dimentichiamo che siamo ospiti e forestieri su questa terra. Vi ringrazio amici, del bene che mi avete sempre voluto e che mi volete.
Grazie per quanto avete fatto per quei nostri fratelli che fino a poco tempo fa speravo di rivedere per continuare a dare loro un aiuto spirituale e materiale.
Il nipote Giampiero, dopo avermi comunicato la reale situazione del mio fisico, mi pone la domanda: “Zio, come la metti con il Burundi?” Pronta la mia risposta: “Non voglio tornar giù ed essere di peso”.
Sono abituato ai distacchi e non mi preoccupa, almeno per ora, il distacco anche dalla vita terrena.
Vi ripeto, cari amici, che sono sereno fino in fondo, preparato agli eventi che seguiranno. Il Signore non ci abbandona. Mi affido tanto alla Madonna, sgranando lungo la giornata la corona del Rosario, e riflettendo sui vari misteri. Durante i miei 64 anni di sacerdozio in Italia e ancor più in Burundi aiutai tanti cristiani giovani e anziani a prepararsi “al grande ritorno a Dio”.
Sono prete e dovrei aver paura a compiere il passo per entrare nella vita eterna?
Sono circondato da persone che mi vogliono un mondo di bene.
Cari amici, mi congedo, ma state certi della mia preghiera per voi tutti, per i vostri cari. Teniamoci uniti in un abbraccio di fede, di speranza.
Vostro don Carlo.
I funerali giovedì 30 gennaio a Fontaneto d’Agogna
NOVARA – Si è spento nella notte del 28 gennaio alla Clinica “I Cedri” di Fara, don Carlo Masseroni, decano dei Fidei Donum e Patriarca delle Missioni Novaresi.
Era nato il 27 gennaio 1925 a Fontaneto d’Agogna, ultimo di 10 fratelli. Entrato da ragazzo nel seminario Diocesano con i cugini Giuseppe ed Eugenio, completati gli studi venne ordinato sacerdote da monsignor Leone Ossola nel giugno del 1949.
IL LAVORO PASTORALE IN DIOCESI E LA PARTENZA PER LE MISSIONI IN BURUNDI
Dopo l’impegno pastorale come coadiutore del parroco nelle parrocchie di Suno, a Santa Cristina di Borgomanero e Arona, nel 1967 partì come missionario in Burundi, insieme a don Francesco Ciampanelli e più tardi raggiunto dal cugino don Giancarlo Masseroni. Dal 1967 al 1980 svolse la sua attività di promozione umana e di evangelizzazione nella Parrocchia di Rwarangabo dove praticamente, partendo da zero, costruì la Chiesa parrocchiale e numerose Cappelle in diverse succursali, nonché creando dei servizi sociali e sanitari. Nel 1980, a causa della difficile situazione venutasi a creare nel piccolo paese africano tra le etnie Hutu e Tutsi, ritornò in Italia dove per un anno fu amministratore parrocchiale a Cesara e Arola. Ma l’amore per la sua gente, il desiderio di condividere la vita del suo popolo, fece sì che nel 1981 ritornò in Burundi, sempre a Rwarangabo, riprendendo le molteplici attività che aveva lasciato.
L’ATTENTATO
La sera del 6 luglio del 2000 un malintenzionato si introdusse nella sua casa con lo scopo di ucciderlo e gli sparò con una rivoltella un colpo in pieno volto. Ferito gravemente, venne trasportato all’ospedale di Nairobi, in Kenya, dove si riprese, anche se perdette l’uso di un occhio e parzialmente l’udito.
Rientrato in Italia vi rimase per un lungo periodo di convalescenza fino a dicembre, ma nel gennaio del 2001 riprendeva l’aereo per il suo amato Burundi.
Questa volta venne destinato alla Parrocchia di Murehe dove rimase fino a qualche tempo fa, quando si unì ai Fidei Donum della diocesi di Brescia all’ospedale di Kiremba dove passò gli ultimi anni consolando e amministrando i sacramenti ai degenti di quell’ospedale.
IL RIENTRO IN ITALIA
«Le avvisaglie del male incurabile che lo avrebbe stroncato si fecero sentire sempre più forti, il che portò don Carlo a prendere la decisione di rientrare in Italia, cosa che avvenne l’estate scorsa quando pose la sua dimora all’amata Frazione La Croce di Fontaneto, circondato dall’affetto dei parenti e in modo particolare dei nipoti, visitato da molti amici che volevano fargli arrivare la loro solidarietà per la malattia che lo stava divorando», dice don Mario Bandera, direttore del Centro Missionario Diocesano.
I funerali si terranno nella chiesa parrocchiale di Fontaneto d’Agogna, giovedì 30 gennaio alle 15. La Messa sarà presieduta dal vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla.
Mi alzo presto, apro internet per vedere se ci sono messaggi speciali o notizie sensazionali. Alle 5 vado in chiesa. Passeggiando recito una corona di rosario. Mi piace iniziare la giornata con la preghiera alla Madonna e con la meditazione dei misteri. Alle 6 arrivano i confratelli. Recitiamo le Lodi. Loro celebrano ed io mi metto a disposizione, in fondo alla chiesa, per le confessioni. Non mancano mai penitenti, che arrivano anche da lontano. Per fortuna io sono un mulo. E’ un nomignolo affibbiatomi dai fratelli in famiglia, perchè la cocciutaggine fu sempre il mio pezzo forte. Poi, attendo ai miei impegni in ospedale. Celebro al mattino in ospedale e cerco di sconfiggere la malaria nutrendomi, come mi hanno sempre consigliato tutti i medici. Lo stomaco funzione e non ho una linea di febbre. L’ultimo attacco di malaria risale al luglio 2011, cioè 14 mesi fa; se tarderà ancora 14 mesi, quasi sicuramente mi beccherà quando sarò già in purgatorio. Intanto un altro evento mi aiuta ad archiviare la malaria e a ricordarmi che Dio mi ama. Domenica vado in ospedale con le caramelle, per darne una ad ogni bambino ricoverato. Leggo, prego e c’è spazio anche per internet.
A romper la solitudine ogni mattina arriva il nostro Luciano e ci facciamo la nostra chiacchierata. D’altronde siamo gli unici volti bianchi sopravvissuti a Kiremba. Il nostro don Massimo Minazzi è presente con telefonate e con e-mail. Inutile dire che mi mancano le suore Mariste degli anni di Rwarangabo e le suore Ancelle della Carità qui a Kiremba, sempre premurose. Non dimentico don Michele, che era sempre disponibile come un fratello. Nuove esperienze fanno maturare ed aiutano a capire la preziosità di certe persone presenti, quando si ha dei problemi, ma devo ringraziare tanto don Isaia più che un fratello. La vita continua, non mancano le energie e sono molto sereno.
Amici, siamo nel mese del Rosario! Preghiamo la Madonna in famiglia, sgranando la corona.
Vi abbraccio!
Carissimi amici,
anno nuovo, vita nuova. Giriamo pagina, fiduciosi nel buon Dio. Lui ci regali un 2012 sereno, in salute, senza altri tragici eventi. Il 1 gennaio celebro a Bugina, una grossa succursale lontana, con una grande chiesa, gremita di genitori alla S. Messa delle 8 e di gioventù a quella delle 10.30. Parlo del messaggio del Papa:”Educhiamo la gioventù alla giustizia e alla pace”. Invito i genitori, gli insegnanti presenti, i responsabili delle varie colline a chiedere al Signore il dono della pace e ad aiutare i figli, gli scolari, la gioventù a praticare la giustizia in famiglia, nella scuola, sulle colline, perché senza giustizia non c’è pace. Il Papa Benedetto XVI dice che “ gli uomini hanno bisogno di pace come e più del pane”. Chissà perché in tanti paesi i cittadini non cooperano, per realizzare un clima di vera pace. Ci sono sovente quelli che pescano nel torbido, seminano odio, lavorano per distruggere e non per costruire. C’è da pregare! Ogni dono viene dal Cielo. Il 4 e 5 con don Michele sono a Bujumbura, ospite a Kamenge dei Padri Saveriani, ai quali si è aggregato il nostro don Massimo. Vivo 2 giorni tranquilli, che mi danno la possibilità di conoscere un angolo della chiesa burundese. La parrocchia di Kamenge è alla periferia, in una zona con densissima popolazione. Nelle contrade circola in continuazione tanta gente. Molti sono commercianti piazzati ai margini della strada con la poca merce che hanno. Proprio in quei giorni prende fuoco il grande mercato, da poco ristrutturato. Si parla del valore di oltre 600 mila euro andati in fumo. Parecchi stoccavano la merce in un locale ben chiuso. Si parla di un cortocircuito. Si parla anche di incendio doloso. A Kamenge l’opposizione è viva e tutto può servire per indebolirla. In parrocchia, oltre a don Massimo, ci sono 4 padri. Noto che tutti sono presi da varie attività. Il 5 mattina accompagno don Massimo in una succursale sperduta tra le colline, con una strada orribile. Concelebriamo per una quarantina di fedeli. Mentre don Massimo porta la S. Comunione ad una malata, chiacchiero con i fedeli. Si fa avanti una signora ben vestita, mi dice di conoscermi, perché originaria di Murehe, dove insegnò per un anno. Nel 2003 si sposta in quella zona, dopo essersi sposata con un maestro. Regina mi chiede di don Giancarlo, di don Daccò, di don Ciampanelli. Mi racconta di aver “perso” un figlio di 2 anni in un modo inconsueto. Il bimbo dorme in casa, lei si allontana per 15 minuti, per recarsi a prendere l’acqua. Torna e il bambino non c’è più. Lo cerca, si mobilita la gente della collina. Del bimbo nessuna traccia. I genitori sperano in una telefonata di qualcuno, che chiede il riscatto. Niente! Sono trascorsi 3 anni. Regina e suo marito han perso ogni speranza di rivederlo. E coccolano le 2 bimbe, che hanno.
Durante il giorno ho momenti liberi. Visito locali, ho la sensazione di una parrocchia viva. La Messa delle 6.15 richiama tanti fedeli. Sono 3 a distribuire la Comunione. Mi fa pensare alla Messa delle 7 a Bellinzago di anni fa. Tantissimi i presenti, anche se quasi tutti persone oltre i 40 anni. A Kamenge invece scorgo tanta gioventù raccolta, che partecipa. Ogni sabato 7-8 padri si ritrovano alle 8 in chiesa e confessano per almeno 2 ore. P. Marchetto mi parla di 15 corali, che si alternano nei giorni festivi ad animare le Messe. C’è una scuola materna con varie insegnanti, che educano ben 600 bambini di 3-4-5 anni. Nei giorni di scuola impressiona la massa di scolari e di studenti nelle contrade. Non ci sono terreni da coltivare, se non qualche orto, e allora tutti prendono la via della scuola, nella speranza di farcela ad avere un diploma, memori dei 3 verbi: sapere, per avere il potere, che permette di avere. E’ chiaro che il potere, a tutti i livelli, porta benefici, soldi. Quelli che falliscono nelle scuole si improvvisano commercianti. Non è che ci sia stato molto tempo, per chiacchierare con don Massimo, tanto preso pure lui. Mi basta sapere che sia stimato e benvoluto dai Padri e che sia contento di “fiorire là dove il Signore lo ha seminato”, sia pure in modo strano. Il 6 mattino don Michele passa a riprendermi e si sale. Forse per l’età, che non gradisce spostamenti, penso ad una frase letta nell’ottobre 1948 sopra la porta di entrata di una villa a Grignasco (NO): “Casa tua può sostituire il mondo, il mondo non può sostituire casa tua”.
Si riprende la nostra vita poco movimentata in questo periodo. Ho più tempo per i malati in ospedale. C’era Aline di 13 anni, che conosco da 3, abbonata in chirurgia. Proviene dal centro handicappati di Muyinga. Ha subito 5 interventi ad una gamba, che era tutta contorta, sempre operata dall’ortopedico Silvano. Aline accetta tutto, sorride sempre. Dopo l’intervento, si ferma per un giorno o due, anche per digerire l’anestesia, e poi con una stampella si muove, gira nelle camere, viene al Rosario e alla Messa, perché vuole farsi battezzare, quando sarà il momento. Il 23 rientra a Muyinga. Con il ritorno del dott. Silvano, pure Aline sarà di nuovo qui, per il sesto intervento. Nella stanza N. 4 di chirurgia da 2 mesi c’è Florida, una madre di 39 anni, donna carica di fede. Proviene da una nostra collina, Musanga. Ha 5 figli, la prima ha 18 anni, che la assiste, l’ultimo 4 anni. Florida un pomeriggio torna dal lavoro. Sulla testa ha una cesta di patate americane. Cade male, si rompe la spina dorsale. La portano in ospedale, dove il dott. Faraone si rende subito conto del suo stato. Le porto ogni giorno la S. Comunione. Mi confida che soffre, che fatica a dormire la notte, ma sorride sempre. Incomincia ad apparire qualche piaga. Cerco di prepararla alla realtà. Le parlo dell’Unzione degli Infermi. Dopo qualche giorno me la chiede. Tergiverso, ma lei me lo ripete più volte. Il 18 dopo la Messa, accompagnato dalle donne presenti, le amministro l’Estrema Unzione e Florida mi ringrazia. Che la Madonna l’aiuti, la sostenga nel duro e forse lungo calvario. Il 9 arriva Debora, moglie del congolese dott. Michel, neo-laureata. Per ora è nel reparto di medicina. Il 10 il chirurgo Faraone opera 5 bimbi idrocefali, provenienti da varie località. Il 18 parte per un mese di ferie, più che meritate, nel suo Congo.
Il 22 con la preghiera sono con i fedeli Novaresi, riuniti nella festa patronale di San Gaudenzio , a ringraziare e a salutare il Vescovo Mons. Renato Corti, che lascia la diocesi per raggiunti limiti di età. Ho mille motivi per ringraziarLo. Si ritira a Rho (Mi), dove ai nostri tempi si andava a fare gli Esercizi spirituali. Il 5 febbraio sarò di nuovo a Novara con la mente e con il cuore ad accogliere il nuovo Vescovo Franco Giulio Brambilla, Ausiliare di Milano. Farà la sua solenne entrata. Sarà ufficialmente Vescovo della diocesi di Novara. L’8 febbraio sera arriverà per una amichevole visita di 4 giorni Marco Zacchera, Sindaco di Verbania, la persona di cui il Signore si servì a prolungarmi la vita dopo l’attentato del 6 luglio 2000. Cari amici, sto bene. E’ un periodo, in cui c’è spazio anche per il riposo. La malaria non è riapparsa: grazie alla lampada “Lucifero elettroinsetticida”, dono del nostro don Massimo? Di sera evito di accendere la luce, che attira zanzare. La prudenza è di obbligo. Abbiamo avuto un gennaio con settimane di sole. Voi vi state difendendo dal freddo, ma pure per voi arriverà la primavera, che noi godiamo per tutto l’anno. Vi auguro ogni bene, vi assicuro della mia preghiera. Vi affido alla Madonna, mando a tutti voi un abbraccio.
Don Carlo Masseroni
Kiremba, 27 gennaio 2012…
Carissimi tutti del Gruppo Missionario, assicuro a tutti la mia preghiera; affido tutti alla Madonna del Rosario. Qui c’è da fare; sto bene e lavoro volentieri.
Auguri di ogni bene e un abbraccio a voi tutti